DISTRUGGENDO IL BELPAESE
NO TRIV
Per la moratoria
delle estrazioni a mare ed a terra.
No al massimo sfruttamento delle risorse.
No alla privatizzazione
delle risorse energetiche.
Per un uso sostenibile
del terriotorio bene comune
Per il diritto di decidere.
Comunicato del Coordinamento NoTriv
Terra di Bari
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Fedeli alla linea del petrolio
Comunicato del Coordinamento No Triv - Terra di Bari con cui si chiede alla Regione Puglia di convocare un consiglio regionale nel quale deliberare per il referendum abrogativo dell'art. 35 del "Decreto Sviluppo".
Apprendiamo dalle cronache nazionali che l'11 agosto 2015 la seduta del consiglio della Regione Abruzzo non si è tenuta per mancanza del numero legale dovuta all'assenza di tre consiglieri della maggioranza di centrosinistra, delle minoranze di centrodestra e del Movimento 5 Stelle.
Sembrerebbe una "normale" crisi politica se non fosse che al suo interno si sarebbe dovuta votare tra i punti all'o.d.g. la risoluzione referendaria, su richiesta dell'assessore all'Ambiente Mazzocca, per l'abrogazione dell'art. 35 del Decreto Sviluppo del 2012 che ha permesso il riavvio di tutti i procedimenti di estrazione di petrolio entro le 12 miglia marine.
Abrogandolo, si sarebbero potute bloccare Ombrina Mare e le altre concessioni lungo le coste abruzzesi a partire dal 2010.
Il consiglio regionale non si è svolto ed ogni questione è stata rimandata alla riapertura delle attività a settembre, riducendo ancor di più la possibilità di intervento verso la risoluzione referendaria dato che la scadenza per deliberare in merito è il 30 settembre.
Quanto è accaduto dimostra, ancora una volta, come gli impegni presi nell'incontro di Termoli del 24 luglio 2015 dai governatori delle Regioni Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata e Calabria sul tema delle trivellazioni in Adriatico e nello Ionio, siano funzionali alla "propaganda", ma non si traducano mai in azioni concrete, in scelte nette che mettano in discussione la governance nazionale.
Il 14 agosto 2015 il Coordinamento Nazionale No Triv ha chiesto, in conferenza stampa, al governatore della Regione Abruzzo, l'immediata convocazione, entro questo mese, di un consiglio regionale in seduta straordinaria che affronti come unico punto all'o.d.g. la risoluzione referendaria chiesta dall'assessore all'Ambiente Mazzocca.
Per quanto riguarda la situazione in Puglia, apprendiamo dal sito della Regione che la stessa sta approntando, su indirizzo della precedente legislatura, i ricorsi al T.A.R. Lazio contro le nove concessioni sbloccate dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, agli inizi di Giugno, lungo le coste pugliesi.
Ci chiediamo se gli stessi siano stati inviati entro i termini utili fissati dalla legge.
Ci chiediamo anche che fine abbia fatto, nella comunicazione ufficiale, il ricorso alla Corte Costituzionale contro il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico che aggiorna il disciplinare tipo dell'art. 38 dello Sblocca Italia.
Sarebbe stato opportuno che la Regione Puglia si fosse attivata per comunicare il numero di iscrizione al ruolo dei ricorsi, in maniera tale da poterne seguire l'iter dai siti istituzionali.
Alla luce di tutto questo e di quanto sta avvenendo in Abruzzo, chiediamo al governatore Michele Emiliano di dare seguito all'incontro di luglio a Termoli e, sulla scia della proposta del Coordinamento Nazionale, convocare entro agosto un consiglio regionale in sessione aperta che metta all'o.d.g. la risoluzione referendaria contro l'art. 35 del Decreto Sviluppo del 2012.
Ricordiamo che, in sostituzione delle 500.000 firme, troppe da raccogliere entro il 30 settembre, è sufficiente il pronunciamento di cinque consigli regionali e che questo ormai è un atto indifferibile.
La Conferenza delle Regioni del Sud, prevista per il 18 settembre all'interno della Fiera del Levante come momento di confronto per proseguire il lavoro iniziato a Termoli, sarà per noi l'occasione di verificare se le "buone intenzioni" espresse dal governatore Emiliano, si siano nel frattempo trasformate in concrete azioni politiche ed amministrative, ovvero nella convocazione entro agosto del consiglio regionale e nella deliberazione in merito al referendum.
La mobilitazione, in quella stessa data, sarà funzionale a ribadire le nostre ragioni del "no" alla politica di ricerca ed estrazione idrocarburi, liquidi e gassosi, a terra ed in mare ed a portare all'attenzione di tutti i danni che queste creerebbero alle attività economiche e turistiche e alla salute dei cittadini, senza tralasciare ciò che sta già avvenendo ai confini tra Basilicata e Puglia con l'inquinamento del Pertusillo, a Taranto con l'ampliamento del centro di stoccaggio del petrolio lucano Tempa Rossa, lascito della precedente giunta, e con l'arrivo della TAP e del riutilizzo del Centro Oli di Viggiano quale Hub del Gas.
La convocazione del consiglio regionale in tempo utile per deliberare sulla risoluzione referendaria a settembre, sarà anche il banco di prova per tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, di verificare della capacità di assumersi la responsabilità politica delle loro azioni, a differenza di quanto accaduto nel Consiglio Regionale in Abruzzo.
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Con il decreto "Sblocca Italia" e le nuove concessioni per le ricerche di idrocarburi, il governo Renzi sta lanciando un'offensiva terrificante contro i nostri territori: li sta trasformando in un terreno di conquista privo di qualsiasi regola per le multinazionali del petrolio, pronte a distruggere l'ambiente, rovinare la nostra salute e calpestare i nostri diritti in nome dei propri profitti.
La Puglia ad oggi è una delle regioni nel mirino dei petrolieri. Ben 9, infatti, dei 12 permessi di ricerca iscritti in Gazzetta Ufficiale e rilasciati dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Mare riguardano le nostre coste, dell'Adriatico e dello Ionio. La stessa fase di prospezione, che vede l'utilizzo della tecnica denominata "air-gun", risulta già essere altamente impattante sull'ambiente.
Lo scempio si abbatterebbe non solo su alcuni dei luoghi più belli e a maggiore vocazione turistica - le Isole Tremiti, Polignano a Mare, Monopoli e l'alto Salento - ma anche più fragili, come Taranto, oggetto da troppi anni di una devastazione ambientale dovuta al capitale.
La retorica, ormai stantia, è sempre la stessa: il petrolio porta ricchezza. Eppure, la distruzione della Basilicata, un territorio ricco di natura e storia, ad opera dei petrolieri, dovrebbe dimostrare più di tante chiacchiere quali siano i veri effetti delle trivellazioni.
Quando in Lucania, venti anni fa, si scoprì il petrolio, tutti i politici locali e nazionali accolsero la novità millantando un arricchimento per la popolazione e un aumento dei posti di lavoro, benefici che evidentemente non ci sono mai stati.
Dopo vent'anni, infatti, la situazione che ci troviamo di fronte è questa: la Basilicata è, secondo i dati dell'Istat, la regione più povera d'Italia con un forte tasso di emigrazione, sono infatti oltre 3.000 i giovani che ogni anni lasciano la propria terra; «Nella sola Val d'Agri, l'area in cui l'attività estrattiva è più intensa, ci sono 8 mila persone tra disoccupati e inoccupati», secondo i dati della CGIL; nell'arco di dieci anni le aziende agricole si sono dimezzate, ci dicono i dati della Confederazione Italiana Agricoltori.
Ad aggravare ulteriormente le condizioni si aggiungono i danni permanenti causati
dall'inquinamento che leggiamo in un dato agghiacciante: la Basilicata ha una percentuale di morti per tumore più alta della media nazionale, stando alle fonti fornite dall'Associazione Italiana Registro Tumori.
Inoltre, secondo la Commissione Bicamerale sul Ciclo dei rifiuti, le attività di estrazione hanno prodotto oltre 400 siti contaminati.
Questi dati devono allarmare la Puglia, non solo pensando ad un futuro che non vorremmo mai vivere e contro il quale stiamo lottando, ma perché la Basilicata è già nei fatti il presente di molti pugliesi: Il Pertusillo, invaso della Val D'Agri che rifornisce anche l'Acquedotto pugliese, mostra, secondo gli studi della Prof.ssa di Geologia dell'Unibas Albina Colella, una consistente presenza di idrocarburi – oltre i valori consentiti dall'Istituto della Sanità – e addirittura di metalli pesanti derivanti probabilmente dalle sostanze lubrificanti utilizzate per le trivelle.
Di fronte a questo scenario pretendiamo atti forti e concreti. I ricorsi della Regione Puglia e Regione Calabria al TAR del Lazio contro i nuovi premessi di ricerca ci sembrano solamente il minimo indispensabile che entrambe le istituzioni potessero fare. In primis, perché il ricorso non è un atto di indirizzo politico, ma semplicemente una contestazione della procedura amministrativa;in secondo luogo, perché nessuno assicura che il TAR (specialmente alla luce del Decreto"Sblocca Italia") possa esprimersi in maniera favorevole. Del resto, il caso del rigetto del ricorso sulla Tap parla chiaro.
Chiediamo, pertanto, un impegno da parte dei consigli regionali - ne sono sufficienti cinque -nell'adozione di una delibera volta a indire un referendum popolare per:
- l'abolizione dell'art. 35 del Decreto Sviluppo, che riguarda i procedimenti in mare entro le 12 miglia, potrebbe bloccare ben 50 nuove concessioni, tra cui le più recenti pugliesi;
- l'abolizione degli artt. 37 e 38 dello Sblocca Italia, che oggi consentono di applicare le procedure semplificate e accelerate sulle infrastrutture strategiche ad una intera categoria di interventi, senza che vengano individuate le priorità e che venga chiarito il "piano delle aree", come previsto dalle leggi vigenti, e senza che si applichi la Valutazione Ambientale Strategica. L'abolizione dei suddetti articoli, inoltre, restituirebbe alle Regioni la competenza sulla Valutazione di Impatto Ambientale, mettendo fine ad un ignobile commissariamento da parte del Ministero dell'Ambiente, volto a facilitare le multinazionali del petrolio.
Purtroppo i tempi sono davvero strettissimi: la dead-line per indire un'eventuale consultazione referendaria nella primavera 2016 è il 30 settembre prossimo. Il governatore Emiliano, dopo settimane di dichiarazioni in cui si esprimeva contrario alle trivellazioni, ha infine chiarito di non avere la reale volontà di fare questo passo. Ha affermato che il "referendum chiesto dalle Regioni apre scontro istituzionale con Governo assai dannoso per tutti" (TW, 16/08/2015). Ne deduciamo che le proposte dei movimenti No Triv darebbero troppo fastidio al governo Renzi e rischierebbero di mettere il governatore in cattiva luce nei confronti del presidente del Consiglio.
Dinamiche queste di cui a noi interessa davvero poco e dalle quali ci sentiamo completamente estranei. Pretendiamo che la Regione Puglia, assieme alle altre, faccia quanto di propria competenza per tutelare la salute del territorio e delle popolazioni che lo vivono. Di assai dannoso vediamo solo delle scelte politiche che non vanno in questa direzione.
Non vogliamo affatto essere un movimento No Triv "non nel mio giardino". È per questo che le nostre richieste non riguardano solamente le nuove concessioni sbloccate dal Ministero dell'Ambiente, chiediamo, infatti, che la Regione Puglia revochi immediatamente i permessi concessi all'Eni dall'amministrazione Vendola per il potenziamento della raffineria di Taranto, volto a lavorare il grezzo estratto impunemente dalla zona di Tempa Rossa in Basilicata, pericolosamente vicina, peraltro, ad un'area naturalistica.
E soprattutto è la ragione per cui, come Coordinamento No Triv - Terra di Bari, convochiamo una manifestazione interregionale il 18 settembre 2015, giorno in cui, presso la Fiera del Levante, si terrà un incontro tra i Presidenti di Regione proprio sul tema delle trivellazioni.
Vogliamo che sia una manifestazione aperta, partecipata e costruita dal basso, che non cerchi sterili tavoli, ma ribadisca alle istituzioni regionali che è necessario agire velocemente. Le dichiarazioni cui non seguono azioni concrete resteranno per noi inutili chiacchiere da campagna elettorale.
Ribadiamo con profonda convinzione che le nostre vite valgono più dei loro profitti.