RICOMINCIA UNA STAGIONE DI PROCESSI AI NO TAV (ANCHE ROMANI): NON ABBASSIAMO LA GUARDIA E SOSTENIAMOLI!
In una lotta pluridecennale come quella contro l'Alta Velocità in Val di Susa è normale che i riflettori non restino costantemente accesi sulla questione. Non si parla solo dei riflettori mediatici, di cui poco ci importa, e che comunque giocano sempre contro chi lotta.
Si parla anche dell'attenzione generale, in un paese dove chi lotta si trova in ogni territorio a doversi organizzare per resistere ai mille attacchi che arrivano a 360 gradi dall'avanzata delle politiche liberiste, che è sempre più urgente contrastare, in modo sempre più organizzato. La grande opera “per eccellenza” del resto avanza lentamente, e forse per i suoi sostenitori è meglio in questa fase cercare di non far accendere quei riflettori. E intanto un'intera Valle continua a essere ostaggio di un'occupazione militare insopportabile e costosissima, e chi in questi anni ha lottato in prima persona continua a essere ostaggio di misure cautelari e processi che rischiano di avere conseguenze molto gravi, in cui la Procura di Torino continua a dare sfoggio di un accanimento unico, agitando accuse che si potrebbero dire ridicole se solo non avessero in potenza queste conseguenze così violente sulla vita delle persone.
Da sempre la lotta No Tav è partecipata da tantissime e tantissimi che giungono da ogni parte d'Italia e non solo, per solidarietà ma anche e soprattutto per consapevolezza del fatto che quella lotta riguarda tutti e tutte. Roma negli anni non ha fatto eccezione, e ha pagato un tributo alto in termini di arrestati e processati. Proprio nel prossimo periodo ci sarà una ripresa delle udienze per diversi compagni romani: il 20 settembre una nuova udienza per due delle persone arrestate durante le cariche del 19 luglio 2013; il 28 l'inizio di un processo a carico di un altro compagno, accusato insieme ad altri di aver allontanato un giornalista da una manifestazione, e per questo sotto processo, tra le altre cose, per “violenza privata” e “rapina pluriaggravata”, perché il giornalista in questione durante l'episodio avrebbe perso una macchina fotografica. Il 4 ottobre si aprirà poi l'appello nel maxiprocesso per il fatti del 27 giugno e 3 luglio 2011, che vede imputati altri due compagni romani, e che in primo grado ha portato a condanne pesantissime, oltre 140 anni totali suddivisi su 47 persone. Senza dimenticare che sempre qui a Roma un altro compagno è tuttora sottoposto all'obbligo di firma per un'altra iniziativa di lotta ai cancelli del cantiere in Val Clarea. Tutto ciò in un contesto in cui continuano a essere centinaia le persone sottoposte a procedimenti, e in cui si continuano a comminare durissime misure cautelari a persone di tutte le età.
In una situazione come questa è d'obbligo fare in modo di non abbassare mai la guardia e, quanto meno, continuare senza sosta a far circolare le informazioni. Per poter essere sempre pronti a rilanciare la solidarietà, che negli anni abbiamo visto che può portare risultati entusiasmanti, anche in città lontane centinaia di chilometri dal cantiere. Avremo ancora bisogno di scendere in piazza e di impiegare il nostro tempo in iniziative a sostegno di chi viene colpito, e non dubitiamo che il sostegno attivo da parte di chi non sopporta più questo sistema infame continuerà a essere l'elemento determinante.
Resisteremo più di loro.
Si parte e si torna insieme.
Tutte e tutti liberi.