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PROVOCAZIONE FASCISTA NELLA NOTTE A SAN LORENZO. BOTTIGLIE E MINACCE CONTRO COMMUNIA

Nella notte tra il 12 ed il 13 luglio, intorno alle 3 di notte, due macchine cariche di fascisti si sono presentate fuori dallo Spazio di Mutuo Soccorso Communia in Via dello Scalo San Lorenzo 33. I camerati hanno iniziato a tirare bottiglie e provato a forzare il cancello. All'interno dello spazio erano presenti solo quattro attivist@ che prontamente hanno protetto Communia e sventato l’assalto. Contemporaneamente nel quartiere sono comparse scritte e simboli nazisti, in particolare una svastica sulla storica scritta Viva i Partigiani che accoglie chiunque entri a San Lorenzo dalla tangenziale est. Le modalità della provocazione sono molto simili a quelle utilizzate qualche settimana fa a Centocelle, quando un gruppo di fascisti ha minacciato gli abitanti di una storica occupazione di zona e di alcune sedi di organizzazioni politiche.

Questo ennesimo episodio è figlio del clima d’odio che nel Paese si respira da quando al governo c’è Salvini sostenuto dai fedelissimi Cinque Stelle. Il cambiamento tanto annunciato sta avvenendo, ma in senso autoritario e razzista. È di oggi la notizia che 600 persone sono annegate solo nell'ultimo mese: la metà di tutte le morti in mare dall'inizio dell'anno, grazie alle ultime scelte dei governi europei, in particolare di quello italiano. Di fronte questo nuovo olocausto la reazione della politica è quella di aizzare i sentimenti peggiori soffiando sul fuoco della paura verso il migrante e mettendo al bando la solidarietà, come dimostra la campagna contro le ONG e la chiusura dei porti. In questo clima i fascisti si sentono protetti e forti nelle loro azioni, agendo di notte con le loro modalità vigliacche quello che di giorno urlano ai media i loro referenti al governo. Colpire un luogo come Communia, che della solidarietà verso i migranti e le donne ha fatto un valore fondante, è un tassello di una strategia più ampia che va immediatamente stroncata. Il fatto che i fascisti si siano presentati ed abbiano attaccato uno spazio in un quartiere come San Lorenzo, da sempre fortemente antifascista, rappresenta un campanello d’allarme che non possiamo sottovalutare.

Ad essere sotto attacco è la solidarietà ed è quindi dalla risposta dei soggetti solidali che dobbiamo partire per interrompere questa dinamica. Abbiamo bisogno con urgenza di far emergere queste esperienze e rafforzarle quotidianamente. Dobbiamo continuare a rendere protagonisti i soggetti sociali che più sono sotto attacco in questo momento, migranti e donne in particolare. La reazione immediata di Non Una Di Meno sotto il ministero dei trasporti quando Toninelli e Salvini hanno chiuso i porti all’Acquarius, o le forti risposte di piazza dopo l’assassinio di Sumaila Sacko, ci indicano le giuste strade da percorrere.

Queste intimidazioni non fermeranno la nostra quotidiana attività. Continueremo a testa alta a praticare antifascismo nelle strade di questo quartiere e di questa città, parlando di antisessismo e di antirazzismo, cercando legami e connessioni tra queste lotte, avendo sempre presente chi sono i veri nemici e consapevoli del ruolo che hanno avuto nella storia e che ancora oggi hanno i fascisti: cani da guardia del potere.

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GIOVEDI 5 LUGLIO 2018.

Se ne è andato ieri Piero Pesce, nostro amico e compagno, anima del casale falchetti a centocelle dopo essere stato fra i primi occupanti del forte prenestino.

L'appuntamento, per un brindisi alla sua salute, è per questo pomeriggio, giovedì 5 luglio 2018, a partire dalle ore 18.00 al casale falchetti, in viale della primavera 319.

Lo ricordiamo con un compagno del forte prenestino, di seguito il comunicato del LSA 100 celle.

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Nella notte tra il 30 giugno e il primo luglio 2018, a mezzanotte circa, un gruppo di fascisti arriva a bordo a due macchine e si ferma di fronte alla nostra biblioteca BAM a via di castani a centocelle, scendono urlando viva il duce cpn le braccia tese facendo il saluto romano. La biblioteca era chiusa e nella parte abitativa dell'occupazione non c'erano i compagni attivisti ma solo famiglie e bambini, spaventati, spengono le luci e cercano di capire che succede, sono delle famiglie straniere semplici non abituate a situazioni del genere.
I camerati cominciano sempre uralndo a prendere a calci e pugni le serrande della biblioteca mentre un altro minaccia un compagno nostro che abita lì insultando "scendi giù bastardo" detta accompagnata e ripetuta svariate volte...
Il tutto è durato quasi 40 minuti, infine si sono allontanati minacciando di tornare e dare fuoco alla biblioteca.

Questi atti vigliacchi non ci fanno paura ma ci fanno riflettere su come sta cambiando seriamente l'area che tira oramai ansando da peggio in peggio.
È grave che questi topi aggirano intorno ai nosti spazi indisturbati.
Occhi sempre aperti
Sempre antifascisti, combatteremo la paura, distruggeremo il fascismo
 

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SABATO 2 GIUGNO 2018
PENTAGONO NO!
MANIFESTAZIONE CONTRO L'ALLARGAMENTO MILITARE
AL PARCO ARCHEOLOGICO DI CENTOCELLE

10:30 Passeggiata e biciclettata da piazzale delle Gardenie verso il Parco Archeologico

13 Pranzo sociale a sottoscrizione libera

17:30 Visita guidata alle bellezze e criticità del parco

Durante il pomeriggio:
__Baretto ristoro
__Dj set El Pinche Perro X Moebius Ohba X Curandera
__Inteventi sull'impatto ambientale dei militari
__Reading poetico
__Warner circus
__Titubanda
__Gruppi musicali della sala prove autogestita 100rec
__Djset
__Sport popolare (allenamenti e lezioni di prepugilistica, dance contact e acroyoga)


"Il Parco è in parte abbandonato, inquinato e poco accessibile, e si trova al centro di una delle aree più densamente popolate e cementificate d’Italia, fra i quartieri di Centocelle, Quadraro, Torre Spaccata, Cinecittà. Potrebbe essere bonificato e tornare ad essere una risorsa sociale e ambientale per tutti. Ma i piani per ora sembrano essere altri…

Non bastava il “Comando Operativo di Vertice Interforze”, già presente nell’area dell’ex Aeroporto di Centocelle, struttura che organizza le missioni militari nelle aree di guerra.

Tra il Ministero della Difesa, Comune di Roma, V Municipio sono in corso accordi, per il progetto del cosiddetto “Pentagono Italiano”, grazie alla sottrazione al Fondo destinato alle periferie di 2,6 miliardi di Euro. Tale progetto consiste nell’estensione delle attuali strutture militari presenti sul Parco (l’ex-aeroporto Centocelle), con sottrazione di numerosi ettari all’utilizzo pubblico e con la realizzazione di un polo per il comando unico di tutte le forze armate italiane. Secondo le poche informazioni fornite dal ministero della difesa, entro fine 2017 era previsto l’arrivo di 3000 unità tra militari e dipendenti del ministero.
Quindi una maggiore militarizzazione costante dell’area, difficoltà di mobilità, aumento dell’inquinamento elettromagnetico, col rischio che l’intero Parco finisca per essere interdetto alla popolazione.
Noi non vogliamo essere vicini di casa di chi da anni è responsabile di morti, distruzioni, esodi di massa, come sta facendo l’esercito italiano con la sua partecipazione a una guerra continua, le cui vittime principali sono popolazioni civili come noi.
Riprendiamoci il parco! E agiamo con determinazione per informare la popolazione: se non lo facciamo noi, nessuno lo farà al posto nostro. Perché un luogo di serenità, gioco e distensione non si trasformi in una base di morte."

cambio giro

cambio giro

Domenica 27 MAGGIO Ci vediamo in Giro! dalle ore 15:55 al CIRCO MASSIMO!
La campagna #CambiaGiro lanciata a settembre 2017 contro la partenza del Giro d'Italia da Gerusalemme e Israele ha visto in questi mesi unagrande mobilitazione internazionale a partire dalla Palestina.
In Italia, fin dalla Sicilia la risposta dei territori e degli attiviste e attivisti che da anni sostengono la lotta per la Palestina libera ha segnato quasi tutte le tappe già svolte. #CiVediamoInGiro attraverserà il Nord Est e la Val Susa, fino ad arrivare alla tappa finale a Roma il *27 maggio 2018*.
La Questura ha dichiarata una “zona verde” interdetta alle manifestazioni in tutto il centro di Roma. Noi invece la coloreremo di verde, rosso, bianco e nero, i colori della Palestina.

Invitiamo tutte e tutti a:
- Invadere i propri territori di scritte, striscioni, volantini, cartelli a sostegno della campagna #CiVediamoInGiro e #CambiaGiro.
- Partecipare alla Critical Mass per un uso giusto della bici, che partirà alle 18.30 da piazza Vittorio venerdì 25 maggio.
- Scendere in piazza al Circo Massimo domenica 27 maggio alle 15.55, dove, al momento giusto la Palestina che resiste si paleserà con i suoi colori e i suoi simboli.

Le proteste si svolgono in un contesto in cui il governo statunitense sposta la propria ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, rafforzando il controllo illegale di Israele sulla citta. È chiaro che l'evento sportivo viene usato da Israele come strumento di propaganda.
Che lo Sport sia sempre stato sfruttato come canale mediatico per fornire un'immagine ripulita ed equilibratamente competitiva di uno Stato che nemmeno può nascondere le violenze sistematiche praticate dentro e fuori i propri confini, è Storia: pensiamo alle Olimpiadi del 1936 a Berlino, come ai Mondiali del 1978 in Argentina.
Una delle motivazioni ufficiali sbandierata dagli organizzatori RCS è quella di celebrare la figura di Gino Bartali, campione ciclistico. Ma è evidente l'intento di oscurare le continue violazioni dei diritti umani perpetrate a danno del popolo palestinese. Tutto con l'avvallo del Governo italiano. Il Ministro Lotti ha infatti dichiarato sui social, durante le celebrazioni della partenza del 4 maggio che "lo Sport è veicolo formidabile di riconciliazione e concordia tra differenze - sociali, identitarie, religiose, politiche". 
Invece si fa un uso strumentale dello sport, sfruttando il Giro per nascondere e festeggiare 70 anni di colonizzazione e oppressione del popolo palestinese da parte dello stato di Israele. In cambio RCS ha incassato milioni di euro.
Da settimane i palestinesi di Gaza manifestano per i loro diritti, dando vita alla #GreatReturnMarch, la Marcia per il Ritorno, a ridosso dell'anniversario della Nakba. 
Israele ha risposto con un'escalation della violenza repressiva.
Dal 30 marzo – Giornata della Terra e inizio della Grande Marcia del Ritorno – i cecchini israeliani hanno ucciso oltre 100 palestinesi, compresi 12 bambini, e ne hanno feriti o piu di 12.000.
Il numero di feriti è più alto di quello totale registrato nei due mesi di offensiva militare israeliana Margine Protettivo del luglio-agosto 2014.
Il ruolo che Israele gioca in Medio Oriente è ulteriore espressione di interessi economici e militari.
A tutto ciò ci opponiamo, promuovendo alternative che non si misurano su potenza e profitto. Sosteniamo la lotta di popoli che resistono e si autodeterminano. Aderiamo all'appello palestinese per il boicottaggio disinvestimento e sanzioni nei confronti di Israele.
Lo Sport non può essere elemento spendibile per scrivere una versione alternativa alla realtà.
Per questo lanciamo, in visto dell'arrivo del Giro, un appello a manifestare la propria indignazione contro la violenza e la repressione di Israele.
Dalla parte dei popoli in lotta, non per odio ma per dignità!
#shameongiro

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GIOVEDI 24 MAGGIo alle 18:00 a LARGO AGOSTA! Assemblea Territoriale ROMA EST (scuola e territorio)
Linkiamo il testo dell'evento: Nel nostro quartiere si avverte l’esigenza di ricreare degli spazi di aggregazione volti alla socialità e alla condivisione.

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Pubblichiamo l'appello di Rudra, figlio di Aldo Bianzino, al fine della riapertura del processo per omicidio.
"Oltre 10 anni fa moriva in modo assurdo mio padre, Aldo Bianzino, nel carcere di Perugia. Ci dissero che aveva evidenti lesioni al cervello al fegato e alla milza, e il medico legale di parte parlò di un *pestaggio militare atto ad uccidere*, ma incredibilmente archiviarono il caso, dicendo che era morto per cause naturali!

In tutti questi anni io non mi sono dato per vinto, e finalmente sono riuscito ad ottenere nuove e importantissime analisi mediche e legali che mettono completamente in discussione il suo caso.

E oggi, in Parlamento, renderò note le ragioni che mi spingono a chiederela riapertura del processo per omicidio di mio padre! Ma ho bisogno dell’aiuto di tutti voi. È difficile riaprire un dibattito che potrebbe mettere in discussione quelle stesse istituzioni che invece dovrebbero proteggerci, ma ce la possiamo fare solo se in tanti vi unirete a me nel chiedere giustizia per mio padre.


LINK PER FIRMARE L'APPELLO:
https://secure.avaaz.org/campaign/it/it_giustizia_per_mio_padre_11/?fHKKgnb

 

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di Ahmed Abu Ratima

fonte: https://www.nytimes.com/2018/05/14/opinion/gaza-protests-organizer-great-return-march.html 

Il seme che è cresciuto nella Grande Marcia del Ritorno di Gaza è stato piantato il 9 dicembre 2017, giusto qualche giorno dopo che il presidente Trump ha annunciato che avrebbe riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele.

Noi palestinesi abbiamo mantenuto a lungo il sogno di Gerusalemme come la nostra propria capitale, o almeno come una capitale condivisa in un paese che offre pari diritti a ciascuno. Il sentimento di tradimento e afflizione a Gaza era palpabile. Per schiarirmi le idee, sono andato con il mio amico Hasan a camminare lungo il confine, cosa che facciamo ogni tanto.

“Là giace la nostra terra”, ho detto ad Hasan, quando ho guardato agli alberi dall’altro lato del recinto di filo spinato che ci confina. “È soltanto a pochi chilometri da qui”. Però resta così lontana, a causa di quella recinzione e dei soldati che la controllano. La maggior parte delle persone della mia età non hanno mai avuto il permesso di lasciare Gaza, dal momento che l’Egitto controlla l’uscita a sud e Israele limita l’accesso a nord – oltre a proibire l’uso del nostro mare e dell’aeroporto (o almeno di ciò che di esso rimane dopo tre guerre).

Questo pensiero ha portato a un desiderio espresso su Facebook. E ha talmente avuto risonanza tra la gente di Gaza, che ha dato origine a un movimento che è culminato nelle storiche proteste che si sono tenute lungo l’ultimo mese. Tragicamente, Israele ha reagito ancora più brutalmente di quanto mi fossi aspettato – e ho attraversato tre delle sue guerre. L’ultima stima del numero dei protestanti uccisi è di 104; più di 50 sono morti soltanto lunedì (14 maggio). Inoltre in migliaia sono stati feriti. Ma le nostre voci hanno bisogno di essere ascoltate, e lo sono state.

Il mio odio per i confini è sia universale – nel senso che tutti i Palestinesi soffrono a causa loro – che molto personale. I miei nonni e i loro nonni  sono nati e cresciuti nella città di Ramla, al centro di quello che ora è Israele. Durante le mie camminate, immaginavo la terra ancestrale della mia famiglia.

Ma ho anche fatto esperienza dell’impatto distruttivo dei confini in maniera più personale. Sono nato nel 1984, due anni dopo il ritiro di Israele dalla penisola del Sinai, che ha diviso la mia città, Rafah, tra Gaza e l’Egitto. Il nucleo della città è stato raso al suolo da Israele e l’Egitto per creare una zona cuscinetto, separando così famiglie, inclusa la mia, col filo spinato. La famiglia di mia madre viveva dal lato egiziano e la divisione di Rafah ha portato alla separazione dei miei genitori. Nonostante mia madre vivesse a un tiro di schioppo, sono passati 19 anni prima che la rivedessi.

Quel giorno di dicembre, mentre guardavo gli uccelli volare sopra il confine che io non potevo attraversare, mi sono ritrovato a pensare quanto gli uccelli e gli animali siano molto più furbi delle persone; essi vivono in armonia con la natura anziché alzare muri. Più tardi, quello stesso giorno, su Facebook mi sono domandato cosa succederebbe a un uomo se agisse come un uccello e attraversasse quella recinzione. Ho scritto: “Perché i soldati israeliani gli sparerebbero come se stesse commettendo un crimine?”. Il mio unico pensiero era di raggiungere gli alberi, sedermi là e quindi tornare indietro.

Non riuscivo a non pensarci. Un mese dopo ho scritto un altro post “Grazie, Israele, per aprirci gli occhi. Se l’occupazione aprisse i luoghi di passaggio e permettesse alla gente di vivere una vita normale e creasse lavoro per i giovani, potremoo aspettare per diverse generazioni”, ho scritto. “Siamo costretti a scegliere tra gli scontri o la vita”. Ho terminato il post con l’hashtag #GreatReturnMarch.

I giovani di Gaza hanno reagito al mio post immediatamente, condividendolo e aggiungendo le loro idee personali. Già una settimana dopo, sembrava che in centinaia ne parlassero. Abbiamo istituito un comitato giovanile e incontrato le agenzie locali e le istituzioni. Abbiamo anche incontrato i partiti politici nazionali: volevamo offrire a tutti i settori della società di Gaza l’opportunità di essere coinvolti.

Cosa è accaduto da quando abbiamo cominciato la Grande Marcia del ritorno è sia cosa speravo che ciò che mi aspettavo – e no. Non è stata una sorpresa che Israele abbia risposto alla nostra marcia con una violenza letale. Ma non mi aspettavo questo livello di crudeltà. D’altra parte, sono stato rincuorato dall’impegno alla non-violenza presente tra la maggior parte del mio popolo.

Un paio di anni fa, la gente qui avrebbe scartato l’idea che delle manifestazioni pacifiche avrebbero ottenuto qualcosa di significante. Dopo tutto, qualunque altra forma di resistenza non ha prodotto nulla di concreto. Cosa mi sorprende è la trasformazione a cui stiamo assistendo nel modo in cui resistiamo. La nostra lotta in precedenza era tra i combattenti palestinesi armati e i cecchini, i carrarmati e gli F-16 israeliani. Ora, si tratta di una lotta tra l’occupazione e i manifestanti pacifici – uomini e donne, giovani e anziani. 

La Grande Marcia del Ritorno ricorda al mondo le origini del conflitto – la nostra estirpazione dalle nostre terre e dalle nostre vite, cominciato nel 1948 e che da allora continua. Abbiamo scelto il 15 maggio come il culmine delle nostre proteste perché quello è il giorno che i palestinesi indicano come la “Nakba”, la parola araba che sta per catastrofe, che è come definiamo le espulsioni dalle nostre case di 70 anni fa. Qualunque soluzione noi negozieremo in futuro per permetter ai nostri due popoli di vivere insieme pacificamente ed equamente, deve partire col riconoscimento di questa ingiustizia.

Comunque, malgrado la risposta da parte dei cecchini israeliani, continuo a impegnarmi per la nonviolenza, così come lo sono tutte le altre persone che “coordinano” questa marcia. Uso le virgolette perché quando un movimento diventa così ampio – attirando quelle che stimiamo essere almeno 200.000 persone durante i venerdì di protesta – non può essere completamente controllato. Noi scoraggiamo dal bruciare bandiere israeliane e dall’attaccare dei cocktail molotov agli aquiloni. Noi vogliamo che il nostro messaggio sia una pacifica, pari coesistenza.

Abbiamo anche provato a dissuadere i dimostranti dal tentare di attraversare il confine con Israele. Ciò nonostante, non li possiamo fermare. È l’azione di un popolo imprigionato che brama la libertà, una delle motivazioni più forti nella natura umana. Allo stesso modo, la gente non se ne andrà via il 15 maggio. Abbiamo intenzione di continuare la nostra lotta finché Israele riconosce il nostro diritto di tornare alle nostre case e alla terra da dove siamo stati espulsi.

La disperazione alimenta questa nuova generazione. Non torneremo alla nostra esistenza sub-umana. Continueremo a bussare alle porte delle organizzazioni internazionali e dei nostri carcerieri israeliani finché vedremo dei passi concreti volti a porre fine al blocco di Gaza.

Ahmed Abu Ratima è un giornalista freelance.

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A 40 anni dalla legge 194, saremo di nuovo nelle piazze di tutta Italia. Chiamiamo tutte a portare nelle strade la nostra rabbia, la determinazione, la gioia di vivere. A gridare con tutta la nostra forza: delle nostre vite decidiamo solo noi! Per una sessualità libera, per la contraccezione gratuita, per essere libere di scegliere! per trasformare la società!
::Martedi 22 maggio::
Anniversario dell'approvazione della legge 194: giornata di azioni territoriali nella città... Stay tuned
::Sabato 26 maggio::

Corteo cittadino ore 17.00. Partenza da Piazza dell'Esquilino

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A 40 anni dalla legge 194
Per una sessualità libera, per la contraccezione gratuita, per essere libere di scegliere!

Le donne stanno lottando in ogni parte del mondo. Di fronte a questa potenza ovunque vediamo un attacco alla libertà che ci siamo conquistate. La contraccezione gratuita, il pieno accesso all’aborto, l’educazione a una sessualità libera sono ancora negati o fortemente ostacolati e, anzi , proprio in questo momento assistiamo al tentativo di sottrarre alle donne il potere e la libertà di decidere sul proprio corpo e sulla propria vita, con la diffusione dell’obiezione di coscienza e con un attacco feroce dell’aborto.

A quarant’anni dall’approvazione della legge 194, in Italia l'accesso all'interruzione volontaria di gravidanza è sempre più un percorso a ostacoli. Il numero di medici obiettori ha raggiunto una media nazionale del 70%, con punte del 90% in alcune regioni. Solo 390 su 654 strutture dotate di reparti di ostetricia e ginecologia effettuano interruzioni di gravidanza. La pillola abortiva RU486 è somministrata da pochi ospedali e in modo limitato. E non va molto meglio quando in gioco c’è il diritto alla salute durante la gravidanza e il parto. Possiamo venderci liberamente sul mercato del lavoro ‒ al prezzo più basso e alle condizioni più precarie – solo se contemporaneamente accettiamo di tornare nelle case, di essere responsabili del lavoro riproduttivo e della cura, di supplire ai vuoti lasciati dal welfare. Per le migranti il ricatto del permesso di soggiorno è un ulteriore ostacolo alla libertà di scegliere e all'accesso alla salute. Ci si aspetta che facciano il lavoro di cura o piuttosto che colmino il calo demografico, mentre razzismo e sfruttamento stabiliscono gerarchie e posizioni di subordinazione.
Alla logica antiabortista che cancella la vita delle donne contrapponiamo la nostra libertà, di scegliere e di lottare collettivamente. Contrapponiamo i nostri desideri, la maternità quando è liberamente scelta e la possibilità di rifiutare l’ordine tradizionale della famiglia.

Il 22 e il 26 maggio scenderemo nelle piazze perché sappiamo che la sessualità è un campo di battaglia, non una questione privata o di coscienza individuale. Saremo in piazza per rompere l’isolamento a cui siamo costrette quando affrontiamo l’aborto o quando scegliamo la maternità.
Riaffermiamo la nostra libertà e gli spazi di potere conquistati per dire che la sessualità delle donne non è finalizzata alla procreazione, che la maternità non è un obbligo, che l’aborto è una scelta delle donne ma riguarda anche la sessualità maschile.

Alla libertà di scegliere vogliamo dare un senso nuovo a partire dalla forza di un movimento globale che pretende e reclama una trasformazione dell’intera società. Siamo con le donne argentine che hanno imposto al parlamento di discutere la legalizzazione dell'aborto, con le irlandesi che a maggio voteranno in un referendum per decriminalizzare la procedura per l'aborto, con le polacche che per prime hanno scioperato per bloccare i tentativi del parlamento di proibirlo.
Lottiamo per una sessualità libera, contro la subordinazione e la violenza e per questo:

Vogliamo welfare per l'autodeterminazione, la sanità pubblica, laica e a nostra misura, i consultori aperti alle donne di qualunque età, alle persone gay, lesbiche, trans, e alle migranti.
Vogliamo la contraccezione gratuita
vogliamo l'accesso gratuito all'assistenza sanitaria per l'ivg, la gravidanza e il parto indipendentemente dalla cittadinanza e dai documenti.
Vogliamo gli obiettori fuori dalle strutture sanitarie pubbliche e dalle farmacie.
Vogliamo la RU486 a 63 giorni e senza ospedalizzazione, somministrata anche nei consultori pubblici.
Vogliamo l’eliminazione delle sanzioni amministrative per le donne che ricorrono all'aborto fuori dalle strutture sanitarie pubbliche.
Vogliamo l'educazione sessuale nelle scuole.
Vogliamo condividere saperi e desideri. Che mille consultorie nascano!

Non Una Di Meno.

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SABATO 12 MAGGIO 2018

Manifestazione Nazionale a Roma

GERUSALEMME CAPITALE ETERNA DELLA PALESTINA

Coordinamento delle Comunità Palestinesi
Unione Democratica Arabo Palestinese (UDAP)

Invitano a
PARTECIPARE ALLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA - PIAZZA DELL'ESQUILINO, SABATO 12 MAGGIO 2018,
ORE 15.00

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SABATO 5 MAGGIO 2018

MOBILITAZIONE A PIAZZA SEMPIONE (montesacro) presso la lapide dei partigiani alle 15:00

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Venerdi 30 Marzo 2018. Pubblichiamo due contributi provenienti dalle nostre sorelle ed i nostri fratelli che si trovano a Gaza.
il primo ci è giunto ieri sera e parla della giornata di oggi: "Domani in tutta la Palestina è la Giornata della Terra. Il clima qui a Gaza è teso. In moltx andranno sul confine a dimostrare. Israele ha schierato 100 cecchini su tutto il border

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Il #WorldAfrinDay avrà luogo Sabato 24 Marzo. La solidarietà con Afrin sarà ricevuta e sentita da tutto il mondo, per provare che Afrin non è sola e che il progetto democratico e antipatriarcale che vive ad Afrin sarà difeso dal mondo intero.

cutted alberto

cutted alberto

Defend Afrin3
Defend Afrin3

Rilanciamo questo appello della Rete Kurdistan.

Appello urgente per Afrin
Fermare questa invasione è diventata una responsabilità storica

Proprio adesso centinaia di migliaia di civili ad Afrin si trovano sotto i pesanti bombardamenti dei jet turchi. La Turchia continua il massacro di Afrin ignorando la risoluzione ONU per il cessate-il-fuoco.
Fermiamo il genocidio e la pulizia etnica dell’esercito turco ad Afrin

Il popolo curdo ad Afrin è oggetto di genocidio e pulizia etnica da parte dell’esercito turco, con il supporto di gruppi jihadisti come al-Qaeda, al-Nusra e ciò che resta dell’ISIS.

Questa invasione e questo attacco genocida sono stati portati avanti di fronte agli occhi dell’umanità. Una città ora è sul punto di essere distrutta dal secondo esercito più grande della NATO che è dotato delle armi più sofisticate prodotte da diversi paesi. Questo attacco viene legittimato diffondendo un discorso propagandistico come se eserciti di due grandi Stati stessero combattendo l’uno contro l’altro. Quelle potenze, tra cui i membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che forniscono armi alla Turchia sono complici di questo crimine.

Ad Afrin comincia l’iniziativa degli scudi umani

La popolazione della città di Afrin si rifiuta di abbandonare le proprie case e giura di resistere all’invasione. Nel momento in cui l’esercito turco insieme con le sue bande si è avvicinato nel raggio di 1 km al centro della città, i civili si sono mobilitati contro gli invasori. Diversi convogli di veicoli sono stati organizzati dagli abitanti e gli attivisti hanno fatto il giro della città per esortare tutti a unirsi allo di scudo umano. Durante i 52 giorni degli attacchi, l’esercito invasore ha ucciso più di 290 civili.

Chiediamo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di intervenire per fermare l’invasione turca di Afrin.

E inoltre:
•Facciamo appello al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite affinché si batta in difesa della Risoluzione 2401, per non lasciare che il regime turco venga meno alle responsabilità per le proprie azioni nella regione di Afrin, Siria.
•Esortiamo la comunità internazionale a mettere in atto il cessate-il-fuoco del Consiglio di Sicurezza ONU e a garantire la consegna di aiuti umanitari e sanitari per coloro che ne hanno disperato bisogno, ad Afrin e Ghouta.
•Sottolineiamo il bisogno urgente dell’implementazione di una zona di non sorvolo sulla regione di Afrin per preservare vite e abitazioni civili, infrastrutture civili, monumenti significativi e siti di rilevanza culturale. Invitiamo la comunità internazionale ad aiutare la messa in atto della no-fly zone con truppe di pace e delegazioni di osservatori.

 

Ufficio Informazione del Kurdistan in Italia

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Gli appuntamenti della giornata a Roma:

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